XI.713



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Lettere



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Benedetto Zorzi a Galileo
X.41
1592.12.12


GALILEO a LODOVICO CARDI DA CIGOLI in Roma.

Firenze, 26 giugno 1612.
 
Arch. Masetti in Firenze. Cod. col titolo Lettere di Galileo. — Copia della seconda metà del sec. XVII. Dubitiamo gravemente dell'autenticità di questa lettera; sia perchè della questione in essa trattata non è alcun ricordo nelle numerose lettere del CIGOLI a GALILEO, e, per contrario, dei molti argomenti di cui queste discorrono non è qui che un cenno d'un solo (lin. 101 [Edizione Nazionale]); sia perchè lo stile non ha sempre sapore galileiano.
 
Al S.r Lod.o Cigoli.
Roma.
 
Molt'Ill.re Sig.r P.ron mio Oss.mo
 
È tanto falso che la scultura sia più mirabile della pittura, per la ragione che quella abbia il rilevo e questa no, che per questa medesima ragione viene la pittura a superar di maraviglia la scultura: imperciocchè quel rilevo che si scorge nella scultura, non lo mostra come scultura, ma come pittura. Mi dichiaro. Intendesi per pittura quella facoltà che col chiaro e con lo scuro imita la natura. Ora le sculture tanto avranno rilevo, quanto saranno in una parte colorate di chiaro et in un'altra di scuro. E che ciò sia il vero, l'esperienza stessa ce lo dimostra; perchè se esporremo ad un lume una figura di rilevo, et anderemola in modo colorendo, col dar di scuro dove sia chiaro, sinchè il colore sia tutto unito, questa rimarrà in tutto priva di rilevo. Anzi quanto è da stimarsi più mirabile la pittura, se, non avendo ella rilevo alcuno, ci mostra rilevare quanto la scultura! Ma che dico io quanto la scultura? Mille volte più; atteso che non le sarà impossibile rappresentare nel medesimo piano non solo il rilevo d'una figura, che importa un braccio o due, ma ci rappresenterà la lontananza d'un paese, et una distesa di mare di molte e molte miglia. E quelli che rispondono che il tatto poi ne dimostrerebbe l'inganno, certo che e' par ch'e' parlino da persone debili; quasi che le sculture e pitture sieno fatte per toccarsi non meno che per vedersi. In oltre, que' che stimano il rilevo delle statue, credo certo che ciò facciano, credendo che con questo mezzo possano esse più facilmente ingannarci e parerci naturali. Or notisi questo argomento. Di quel rilevo che inganna la vista, ne è così partecipe la pittura come la scultura, anzi più; poichè nella pittura, oltre al chiaro et allo scuro, che sono, per così dirlo, il rilevo visibile della scultura, vi ha ella i colori naturalissimi, de' quali la scultura manca. Resta dunque che la scultura superi la pittura in quella parte di rilevo che è sottoposta al tatto. Ma semplici quelli che pensano che la scultura abbia ad ingannare il tatto più che la pittura, intendendo noi per ingannare l'operar sì che il senso da ingannarsi reputi quella cosa non quale ell'è, ma quella che imitar si volle! Ora chi crederà che uno, toccando una statua, si creda che quella sia un uomo vivo? Certo nessuno: et è ben ridotto a cattivo partito quello scultore, che non avendo saputo ingannar la vista, ricorre a voler mostrare l'eccellenza sua col voler ingannare il tatto, non si accorgendo che non solamente è sottoposto a tal sentimento il rilevato e il depresso (che sono il rilevo della statua), ma ancora il molle e il duro, il caldo e 'l freddo, il delicato e l'aspro, il grave e 'l leggiero, tutt'indizi dell'inganno della statua.
Non ha la statua il rilevo per esser larga, lunga e profonda, ma per esser dove chiara e dove scura. Et avvertasi, per prova di ciò, che delle tre dimensioni, due sole sono sottoposte all'occhio, cioè lunghezza e larghezza (che è la superficie, la quale da' Greci fu detta epifania([921]), cioè periferia o circonferenza), perchè delle cose che appariscono e si veggono, altro non si vede che la superficie, e la profondità non può dall'occhio esser compresa, perchè la vista nostra non penetra dentro a' corpi opachi. Vede dunque l'occhio solamente il lungo e 'l largo, ma non già il profondo, cioè la grossezza non mai. Non essendo dunque la profondità esposta alla vista, non potremo d'una statua comprender altro che la lunghezza e la larghezza; donde è manifesto che noi non ne vegghiamo se non la superficie, la qual altro non è che larghezza e lunghezza, senza profondità. Conosciamo dunque la profondità, non come oggetto della vista per sè et assolutamente, ma per accidente e rispetto al chiaro et allo scuro. E tutto questo è nella pittura non meno che nella scultura, dico il chiaro, lo scuro, la lunghezza e la larghezza: ma alla scultura il chiaro e lo scuro lo dà da per sè la natura, ed alla pittura lo dà l'arte: adunque anche per questa ragione si rende più ammirabile un'eccellente pittura di una eccellente scultura.
A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno dipinti che scolpiti, perchè ella gli scolpe e gli colora, ma che questo è a loro imperfezione, e cosa che scema grandissimamente il pregio alla scultura: perciocchè quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa. Era anticamente molto più stimata quella sorta d'istrioni che co' movimenti soli e co' cenni sapevano recitare una intera storia o favola, che quelli che con la viva voce l'esprimevano in tragedia o in commedia, per usar quelli un mezzo diversissimo et un modo di rappresentare in tutto differente dalle azioni rappresentate. Non ammireremmo noi un musico, il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? e questo, per essere il canto un mezzo non solo diverso, ma contrario ad esprimere i dolori, e le lagrime et il pianto similissimo. E molto più l'ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti patetici musicali, ciò facesse, per esser le inanimate corde meno atte a risvegliare([922]) gli affetti occulti dell'anima nostra, che la voce raccontandole. Per questa ragione dunque, di qual maraviglia sarà l'imitare la natura scultrice coll'istessa scultura, e rappresentare il rilevato coll'istesso rilevo? Di niuna certo, o di poca; et artificiosissima imitazione sarà quella che rappresenta il rilevo nel suo contrario, che è il piano. Maravigliosa dunque, per tal rispetto, si rende più la pittura che la scultura.
L'argomento poi dell'eternità non val niente, perchè non è la scultura che faccia eterni i marmi, ma i marmi fanno eterne le sculture; ma questo privilegio non è più suo, che d'un ruvido sasso: benchè e le sculture e le pitture sieno forse egualmente soggette a perire.
Soggiungo che la scultura imita più il naturale tangibile, e la pittura più il visibile; perocchè, oltre alla figura, che è comune con la scultura, la pittura aggiugne i colori, proprio oggetto della vista.
Finalmente, gli scultori copiano sempre, et i pittori no; e quelli imitano le cose com'elle sono, e questi com'elle appariscono: ma perchè le cose sono in un modo solo, et appariscono in infiniti, e' vien perciò sommamente accresciuta la difficultà per giugnere all'eccellenza della sua arte. Di qui è che sommamente più ammirabile è l'eccellenza nella pittura, che nella scultura.
Tanto per ora mi sovviene poter ella rispondere alle ragioni di cotesti fautori della scultura, partecipatemi questa mattina di ordine di V. S. dal S.re Andrea nostro. Ma io però la consiglierei a non s'inoltrar più con essi in questa contesa, parendomi ch'ella stia meglio per esercizio di spirito e d'ingegno fra quei che non professino nè l'una nè l'altra di queste due veramente ammirabili arti, quando in eccellenza sono praticate; poichè oramai V. S. nella propria s'è resa così degna di gloria con le sue tele, quanto il nostro divino Michelagnolo co' suoi marmi.
E qui cordialissimamente le b. l. m., e la prego a continuarmi il suo amore, e l'osservazioni ancora delle macchie.
 
Di Firenze, 26 Giugno 1612.
Di V. S. molt'Ill.re
Obbl.mo Ser.re Aff.mo
Galileo Galilei.

([921]) epifagnia —– [CORREZIONE]
([922]) risvegliare è scritto tra le linee, sopra rappresentarci che non è cancellato. —– [CORREZIONE]


Livia Galilei a Galileo
X.49 1593.05.01



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X.50
1593.05.29



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X.65
1599.07.09




Galileo a Guilia Ammannati
X.71
1600.08.25




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X.74
1601.11.20



Galileo a Michelangleo
X.135
1606.05.11



Michelangelo a Galileo
X.174
1608.03.04



Michelangelo a Galileo
X.290 1610.04.14



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X.354
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XI.522 1611.04.27



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Galileo a Lodovico Cardi
XI.713
1612.06.26




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XI.781
1612.10.12




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XI.798 1612.10.21




Lorenzo Pignoria a Galileo
XI.801
1612.11.23




Lorenzo Pignoria a Galileo XI.816
1612.12.28




Lorenzo Pignoria a Galileo XI.834
1613.01.25




Francesco Rasi a Galileo
XI.838 1613.01.28




Lodovico Cardi a Galileo
XI.870
1613.05.03




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XII.1051
1614.10.22



Michelangelo a Galileo
XII.1271
1617.08.16



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XII.1422 1619.10.10




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XIII.1815 1627.05.05



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XIII.1829
1627.07.14



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1627.08.04



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1628.02.26




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Michelangelo a Galileo XIII.1867
1628.03.29




Michelangelo a Galileo
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1628.06




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1628.11.17




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XIV.2091
1630.12.11




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XIV.2161
1631.03.10




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XIV.2119 1631.03.11



Lorenzo Petrangeli a Galileo XIV.2221 1631.11.27




Alberto Cesare a Galileo
XVI.3331
1636.08.01




Alberto Cesare a Galileo
XVIII.4073 1640.11.01